“Per l’integrazione del reato di ricettazione di biglietti di lotteria falsificati è necessario la prova della piena consapevolezza della provenienza delittuosa del tagliando, in quanto frutto di falsificazione materiale, da parte del soggetto che riscuote la vincita”.
In questo senso si è espressa la Suprema Corte di Cassazione con sentenza n.12412 del 17 aprile 2020. Il ricorrente era stato condannato in sede d’appello per ricettazione tentata truffa ai danni della Società Lotterie Nazionali per aver acquistato o ricevuto, pur consapevole della sua provenienza, un biglietto della lotteria frutto di contraffazione e per aver posto in essere atti idonei e diretti in modo non equivoco a riscuotere il premio non dovuto.
Con il ricorso presentato viene sottolineata l’assoluta illogicità della motivazione del giudice d’appello nella misura in cui l’affermazione di responsabilità dell’imputato è fondata su una massima di esperienza opinabile. Il comportamento incriminato era infatti risultato assolutamente lineare nel recarsi prima dal direttore di banca e poi dal notaio al fine di riscuotere la vincita nelle forme di legge. Né è stato tenuto conto del fatto che anche quest’ultimi soggetti non si fossero affatto avveduti della contraffazione materiale del biglietto.
Secondo la ricostruzione della difesa, inoltre, assumendo che il falso sia “grossolano” e, quindi penalmente irrilevante, non sarebbe neppure idoneo a costituire il reato presupposto della ricettazione.
La Seconda Sezione ritiene il ricorso fondato.
Il giudice di prime cure, condivisibilmente, aveva escluso la ricorrenza del reato di ricettazione, poiché dalle risultanze probatorie era emerso che l’imputato verosimilmente avesse trovato il biglietto in maniera causale e avviato la procedura di riscossione rivolgendosi prima al direttore di banca e poi al notaio, poi sollecitati con una condotta che appariva incompatibile con la consapevolezza della provenienza delittuosa del biglietto.
Al contrario, la Corte d’appello aveva riformato la sentenza di assoluzione, evidenziando due elementi ritenuti decisivi: l’uno costituito dall’evidente anomalia materiale del biglietto derivante dall’assemblaggio di due diversi tagliandi, e l’altro costituito dall’indicazione di una vincita superiore a quella normalmente prevista per quel tipo di lotteria.
Secondo la Corte di Cassazione, il giudice d’appello avrebbe dovuto confutare le argomentazioni della sentenza di primo grado al fine di fornire una motivazione immune da censure.
In particolare, secondo la Corte, il giudice d’appello avrebbe dovuto superare quella valutazione su cui era stata pronunciata la sentenza di assoluzione, in base alla quale la contraffazione non era affatto evidente e quindi difettava il carattere tipico della ricettazione, non essendosi avveduti della stessa né il direttore di banca né il notaio, figure dotate di competenza e professionalità tali da assicurare un corretto vaglio del biglietto. Tale elemento non era stato affatto considerato, concludendosi per la penale responsabilità dell’imputato sulla base di una ritenuta evidenza dell’origine delittuosa del biglietto.
Sulla base di tali osservazioni, dunque, la Cassazione si limita ad annullare con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello territorialmente competente al fine di eseguire una nuova valutazione degli elementi da essa indicati e stabilire l’eventuale sussistenza del delitto di cui all’art. 648 cp.