La libertà di circolazione costituisce un pilastro fondamentale su cui si regge l’odierna società che trova fondamento diretto ed esplicito all’interno della Costituzione italiana.
L’articolo 16 della Carta fondamentale sancisce che ciascuno ha il diritto di “circolare” e “soggiornare” liberamente all’interno di qualsiasi parte del territorio nazionale.
L’affermazione viene ulteriormente confermata e rafforzata all’art. 120 della Costituzione che vieta alle Regioni di istituire dazi di importazione, esportazione e transito tra le Regioni o comunque di adottare dei provvedimenti che possano ostacolare in qualche modo la circolazione delle persone.
Si tratta, d’altro canto, di una libertà su cui si fonda altresì l’Unione Europea, un progetto che sin dalla sua originaria fondazione, ha fatto della libera circolazione delle persone e delle merci il presupposto su cui poggiare le proprie basi.
Non a caso, allora, tale libertà trova riconoscimento espresso anche nelle norme eurounitarie.
Il Trattato sull’Unione Europea, infatti, sin dall’art. 3 riconosce l’impegno dell’Unione ad offrire ai propri cittadini uno “spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone”. L’Unione si è impegnata sin da principio, prima con lo strumento del Trattato internazionale tra gli Stati aderenti, poi con il “metodo comunitario” a creare per i cittadini comunitari uno spazio in cui fosse favorita la libertà di circolare, di soggiornare, di stabilire i propri interessi lavorativi in qualunque paese dell’Unione, ma anche uno spazio in cui fosse assicurata sicurezza e libertà, grazie agli strumenti di cooperazione di polizia e giurisdizionale.
La libertà di circolazione assurge, poi, a diritto fondamentale dell’Unione Europea con l’approvazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (Carta di Nizza), dove trova riconoscimento espresso all’art. 45, con una formulazione assai simile a quella della nostra Carta Costituzionale, grazie al riferimento alla libertà di circolare e soggiornare.
Stesso valore assume all’interno della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo adottata nel 1950 in seno al Consiglio d’Europa, che assume lo stesso valore giuridico dei Trattati UE, secondo quanto disposto dall’art. 6 comma 3 TUE.
Dai richiami effettuati si evince chiaramente come la libertà di circolazione trovi riconoscimento generale e assurge a valore fondamentale non solo all’interno dei confini italiani, ma anche con riferimento all’Unione Europea e al Consiglio d’Europa.
Come qualsiasi libertà o diritto che trovi riconoscimento astratto all’interno di Testi fondamentali come quelli richiamati, anche la libertà di circolazione può andare incontro a limitazioni più o meno ampie, ove ciò risulti necessario ad assicurare altri diritti che ricevano pari o maggiore tutela dalla legge.
L’art. 16 della Costituzione chiarisce, infatti, che sono fatte salve le limitazioni che la legge stabilisce per motivi di sanità o sicurezza. Simile disposizione, d’altronde, è contenuta all’art. 2 del Protocollo Addizionale n. IV alla Convenzione Europea (vincolante nel nostro ordinamento ex art. 117 co.1 Costituzione) che richiama tra i giusti motivi di limitazione della libertà “la protezione della salute”, nonché dall’art. 45 del TFUE in materia di circolazione dei lavoratori, che ha costituito il presupposto per l’attuale compressione della libertà di circolazione, limitata ai soli viaggi essenziali e alla circolazione delle merci per l’effetto dell’emergenza sanitaria in corso.
Come è stato chiarito dalla Corte Costituzionale sono, dunque, legittime le leggi adottate in via generale (ovvero non dirette a singole categorie o gruppi determinati di individui, pena la violazione dell’art. 3 della Costituzione) per motivi di sicurezza o di sanità.
I primi andranno intesi come “fatti costituenti un pericolo per la sicurezza dei cittadini e cioè a fatti che impediscano al cittadino di svolgere una attività lecita senza minaccia di offesa alla propria personalità” (Corte Costituzionale n.2/1956); con i motivi di sanità si fa riferimento alla necessità, ad esempio, di isolare determinati individui affetti da malattie contagiose.
E’ la stessa Costituzione, allora, ad autorizzare espressamente limitazioni alla libertà di circolazione, operando un bilanciamento astratto con altri due valori di rango addirittura superiore: la sicurezza e la salute pubbliche, presupposti imprescindibili della società.
Quanto allo strumento utilizzato per determinare una compressione della libertà di circolazione è certo che esso debba essere rappresentato da atti aventi forza di legge, in grado di assicurare una copertura democratica alla limitazione.
Nell’attuale contesto di emergenza sanitaria, in cui appare difficile, da un lato, riunire periodicamente il Parlamento e, dall’altro, attendere i tempi della procedura legislativa ordinaria è apparso quanto mai legittimo l’utilizzo di strumenti aventi forza di legge, quale il decreto legge che presuppone situazioni di necessità e urgenza che impediscano il rispetto dei consueti tempi per l’adozione di una legge ordinaria.
Lo strumento del decreto legge, infatti, possiede la medesima efficacia vincolante della legge ordinaria per una durata limitata di sessanta giorni, oltre la quale decade se non ha ricevuto la conversione in legge da parte del Parlamento, che attribuisce il crisma della democraticità.
Dopo un lungo periodo in cui il decreto legge è stato spesso utilizzato in assenza dei propri presupposti essenziali che lo rendono funzionale a fronteggiare situazioni emergenziali, che ha condotto più volte la Corte Costituzionale a stigmatizzare l’uso improprio di questo peculiare strumento, l’attuale emergenza sanitaria pare averlo dotato di nuova linfa vitale.