Al momento dell’emanazione delle misure di contenimento anti Covid-19, il precetto neointrodotto era sprovvisto di specifica sanzione.
Come spesso accade in questi casi, allora, l’unica strada percorribile al fine di sanzionare i comportamenti posti in essere in violazione delle prescrizioni, che vietavano spostamenti non necessari, dirette a contenere il contagio era quella dell’art. 650 cp.
Si tratta di una contravvenzione, di natura sussidiaria, sanzionata con ammenda fino a duecentosei euro o con arresto fino a tre mesi, una pena molto blanda, a fronte della potenziale gravità delle condotte che dovevano essere represse.
A fronte, dunque, dell’inefficacia di tale misura, con il d.l. 19/2020 si è provveduto ad introdurre delle misure sanzionatorie ad hoc, di natura amministrativa. Esse hanno sostituito, quindi, le contenute sanzioni previste dall’art. 650 cp. che non risulterà più applicabile. La clausola di sussidiarietà espressa, contenuta nell’incipit della norma, è sempre stata interpretata dalla giurisprudenza in modo estensivo, cosicchè a fronte di una condotta vietata dalla legge, la sussistenza di una specifica sanzione, anche di natura non penale, evita l’applicazione dell’art. 650 cp.
Con il decreto legge citato in precedenza è stato definito un nuovo illecito amministrativo punitivo, governato dai principi contenuti nella legge n. 689/1981, sulla cosiddetta depenalizzazione.
L’art. 4 del d.l. citato sanziona la violazione delle prescrizioni contenute all’interno dell’art.1 co 2 cui fa rinvio.
Trattandosi di un illecito amministrativo, anche in questo caso, sarà necessario l’accertamento del dolo o quanto meno della colpa; ne sarà esclusa, invece, l’applicazione in presenza delle generali cause di giustificazione (stato di necessità, adempimento di un dovere, legittima difesa etc.) la cui latitudine applicativa risulterà sicuramente molto compressa, attesa la necessità di tutelare, mediante la sanzione amministrativa, beni di primaria importanza, quali la salute collettiva.
La sanzione applicabile nel caso di trasgressione delle misure anti-covid19 sarà di natura pecuniaria e oscillerà tra i 400 e i 3000 euro; cifra che potrà essere raddoppiata in caso di reiterazione della violazione.
E’ prevista, inoltre, una circostanza aggravante per il caso in cui la violazione sia stata commessa con l’utilizzo di un veicolo, con la conseguenza che la sanzione potrebbe lievitare fino 4000 euro.
E’ importante comprendere i rapporti dell’illecito descritto con le fattispecie di reato affini, atteso che anche la disposizione di cui all’art. 4 si apre con la clausola di sussidiarietà “salvo che il fatto non costituisca reato”.
In primo luogo, deve sottolinearsi che proprio per evitare la “reviviscenza” della norma di cui all’art. 650 cp., la cui inefficacia aveva dato luogo al superamento della stessa mediante l’introduzione di uno specifico illecito amministrativo, il legislatore ha espressamente escluso l’applicabilità dell’art. 650 cp. nonché di ogni altra “disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di sanità”.
La clausola “salvo che il fatto non costituisca reato”, renderà inapplicabile anche il principio contenuto nell’art. 9 della legge sulla depenalizzazione secondo cui se uno stesso fatto è punito sia da una disposizione penale che da una disposizione amministrativa si applica, tra di esse, quella speciale.
In questo caso, invece, è assegnata prevalenza ex lege alla disposizione penale, nell’ipotesi di sovrapponibilità degli ambiti applicativi.
La ragione per cui il legislatore ha previsto la clausola di sussidiarietà, può cogliersi anche laddove si analizzi la successiva disposizione con cui viene introdotta una nuova fattispecie di natura contravvenzionale, diretta specificamente a punire coloro i quali abbiano violato l’obbligo di quarantena, pur essendo risultati positivi al virus.
Si tratta della fattispecie denominata “divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena perché risultate positive al virus”, contemplata dall’art. 2 co.1 lett e del citato decreto legge.
Esso costituisce un reato posto a tutela di un bene super individuale, quale la salute pubblica. Attesa la rilevanza del bene protetto, la fattispecie è stata costruita come reato di pericolo astratto, con un arretramento significativo della soglia di punibilità, giustificata dall’ormai accertata contagiosità del virus.
La pena viene determinata tramite un rinvio all’art. 260 del r.d. n.1265/1934, come modificato dall’art. 7 del d.l. 19/2020, che ha inasprito il trattamento sanzionatorio per la contravvenzione contemplata nel codice delle leggi sanitarie del 1924, punito con l’arresto da 3 a 18 mesi e con l’ammenda da 500 a 5000 euro.
La previsione di una pena congiunta esclude quindi la possibilità di oblazione (consentita, invece, per la fattispecie, non più applicabile, di cui all’art. 650cp.).