Cassazione Sez. I, n.49872 del 9.11.2019: il caso Battisti.
“In tema di estradizione dall’estero, l’accordo che prevede la commutazione dell’ergastolo in una pena detentiva temporanea diviene inefficace in caso di mancata consegna dell’estradando (resosi, nella specie, irreperibile), in quanto il mancato perfezionamento della procedura estradizionale determina la risoluzione delle speciali condizioni cui la stessa era subordinata”.
In questi termini si è espressa la suprema Corte di Cassazione in relazione al caso Battisti.
Volendo ripercorrere brevemente il fatto storico che ha originato la pronuncia, occorre ricordare che Cesare Battisti era stato condannato alla pena dell’ergastolo e che nel 2017, l’Italia e il Brasile avevano avviato l’iter estradizionale precedentemente interrotto, stipulando un accordo in virtù del quale lo Stato richiesto avrebbe concesso l’estradizione, solo a condizione che l’Italia avesse commutato la pena dell’ergastolo alla massima pena detentiva prevista dall’ordinamento.
Il 14 dicembre 2018 il Presidente della Repubblica brasiliana aveva emanato il provvedimento di estradizione, che non era stato possibile eseguire a causa del mancato rinvenimento dell’estradando sul territorio di quel Paese.
Successivamente Battisti era stato rintracciato sul territorio boliviano, ove aveva fatto ingresso evitando i controlli alle frontiere. L’autorità boliviana, tratto in arresto Battisti, emetteva un ordine di espulsione.
La Corte d’Assise di Milano, nel disattendere l’incidente di esecuzione da questi promosso, faceva rilevare che il procedimento realizzato dalla Bolivia non fosse di estradizione, ma di espulsione e che, pertanto, non avesse nessun collegamento con la procedura avviata dal Brasile ed estintasi per l’effetto della mancata consegna del soggetto richiesto.
La Cassazione, con la pronuncia in esame, condivide la ricostruzione giuridica eseguita dal giudice dell’esecuzione. In particolare, partendo dal dato pacifico che il condannato non fosse stato estradato all’esito della procedura attivata dall’Italia e dal Brasile nel 2018, ha ritenuto l’accordo stretto in quell’occasione inoperante, perché venuto meno insieme alla relativa procedura mai conclusa.
L’estradizione è una forma di cooperazione giudiziaria tra Stati, la quale consiste nella «consegna» allo Stato richiedente di un individuo, che si sia rifugiato, o si trovi, nel territorio dello Stato richiesto, perché possa essere, nel primo Stato, assoggettato all’esecuzione di una pena, o di altro provvedimento restrittivo della libertà personale.
Essa è disciplinata, oltre che da trattati bilaterali e multilaterali, anche da dal diritto internazionale.
Nel caso di specie, inoltre, risulta vigente anche il Trattato bilaterale tra Italia- Brasile del 1989.
In base al citato Trattato, la consegna dell’estradando perfeziona la procedura di consegna.
Secondo l’art. 14 co. 4 del Trattato “la consegna mancata fa perdere efficacia alla decisione di concessione dell’estradizione”.
La relazione tra i due Stati entra in crisi anche nell’ipotesi in cui la consegna si renda inattuata a causa di un comportamento obiettivamente imputabile allo Stato richiesto, come nel caso di irreperibilità dell’estradando, certamente riconducibile alla mancata sottoposizione a misure limitative della libertà personale o sottrattosi alle stesse.
La deliberazione favorevole all’estradizione, ancorché giuridicamente esistente nello Stato richiesto, diventa di fatto ineseguibile. Tale esito determina inevitabilmente l’estinzione della procedura.
Non può, quindi, condividersi la ricostruzione del ricorrente, secondo cui l’estradizione si consumerebbe con la decisione dello Stato richiesto, costituendo la concreta consegna del condannato un mero post factum.
In realtà, la consegna è il momento che soddisfa l’interesse dello Stato e questo mira a garantirsela nel rispetto degli strumenti internazionali previsti.
L’accordo intercorso tra Italia e Brasile concernente la commutazione della pena da ergastolo in pena detentiva temporanea fa riferimento alla specifica procedura estradizionale avviata e non conclusa. Trattandosi, ormai, di un accordo privo di causa perché preordinato alla realizzazione del rientro del condannato nel suo paese, esso deve ritenersi caducato.
D’altronde, la soluzione appare conforme al principio generale di diritto internazionale, recepito pure all’interno della Convenzione di Vienna del 1969, per cui l’accordo internazionale viene meno al venire meno delle circostanze, da considerarsi per gli Stati aderenti essenziali, esistenti al momento della stipulazione (“sic stantibus rebus”).
La mancata estradizione di Battisti a causa della relativa irreperibilità può certo considerarsi circostanza essenziale ai fini della stipulazione che, venuta meno, determina altresì l’estinzione dell’accordo.